venerdì 30 settembre 2016

Frammenti di un discorso

Non per plagiare il saggio di un noto semiologo francese, ma mi piace poter raccogliere qui dei recenti estratti di conversazione con mia figlia.

"Matilde, oggi la maestra mi ha raccontato che a un certo punto ti è venuto da piangere, e loro non sono riuscite a capire cosa ti ha fatto essere triste in quel momento. Cos'è stato a farti piangere?"
"Volevo la mamma."
"Ah, volevi la mamma, ho capito. Beh, senti che idea mi è venuta!"
"Quale idea?"
"Per aiutarti a far capire alle maestre quello che ti è successo, quando capita che ti viene da piangere, possiamo costruire insieme dei piccoli cartoncini, fatti così. Guarda. Qui ho raccolto delle immagini di bambini che fanno le cose che possono succedere a scuola: una bimba con la sua mamma che l'accompagna per mano, un bimbo seduto sul water...
"Sì! Guarda, nel disegno c'è la carta igienica che sorride!"
"Eh già! Buffo! E poi un bimbo che dà uno spintone a un altro, qui invece un bimbo che beve un bicchiere d'acqua, un altro che ha la febbre..."
"Sì, ha pure il termometro in bocca!"
"Esatto, hai visto? Vuol dire che non si sente molto bene. Ecco, adesso li stampiamo tutti, anche questi altri cinque, li ritagliamo e li incolliamo su questi cartoncini più spessi, così diventano dei cartellini più resistenti."
"Sì! E io poi posso colorarli?"
"Certo! Poi li mettiamo in una scatolina e li portiamo a scuola, e li tieni dentro alla tua buchetta personale. Così, quando capita che vuoi qualcosa ma ti viene difficile dirlo con le parole, invece di piangere, puoi prendere dalla tua scatolina il cartoncino con l'immagine corrispondente a quello che vuoi, e mostrarlo alla maestra. Che ne dici?"
"Va bene."
"Però ascoltami, Matilde: i cartoncini li usiamo per adesso che le parole fanno un po' fatica ad uscire, ma quando te la sentirai, sai, puoi provare a usare le parole per far capire esattamente alla maestra quello che vuoi. Perché adesso ne abbiamo fatti dieci, di cartellini, ma possono esserci tante altre cose che non siamo riusciti a mettere nelle immagini, e che con le parole si riescono a far capire meglio. Oppure, Matilde, puoi provare a fare come fai con la mamma, a dire le parole nell'orecchio..."
"Sì! Ma io lo dico ad Aurora!" 
"Che cosa dici ad Aurora?"
"Le parole nell'orecchio, così."
"E ad esempio che cosa le dici?"
"Dico: mi scappa la pipì!"
"Ah sì? E lei cosa fa?"
"Dice: va bene, adesso ti accompagno io."
"Ah, bene! E con Amira [altra amica del cuore, ndr], le dici le parole nell'orecchio?"
"No, con lei no."

Il mutismo selettivo è strano. Le sue logiche. Impossibile capirle. 
Perché uno sì, e l'altro no? Perché una volta sì, e la volta dopo no?
E poi, tu, genitore, vedi due persone diverse. E' sempre tuo figlio, certo, ma quello che tu vedi ogni giorno in casa, è in un modo. Buffo, allegro, capriccioso, esuberante, disobbediente, fantasioso, frizzante, spensierato, divertente. Loquace. Quello che vedono gli altri, invece, là fuori, è in un altro. Timido, docile, introverso, intimorito, esitante, che si vergogna, che si nasconde dietro la gonna, che sta zitto. E non parla. 
E come mai non parla. E gli avranno mangiato la lingua. 
Ma quale mangiato la lingua! Non immaginano nemmeno... 
Se solo sapessero, se solo vedessero...

"Matilde, vieni che ti accompagno a letto, dai, su, forza!"
"Sì, ma mi leggi le favole?"
"Certo! Quale vuoi che ti legga?"
"Quelle della biblioteca!"
"Va bene. Iniziamo da questa: La Piccola Macchia Rossa."
"E mi fai le carezze?"
"Sì, tu intanto mettiti giù e ascolta la storia. Allora, vediamo. C'era una volta una piccola macchia rossa, che viveva insieme a tante altre macchie nel Paese delle Macchie. La piccola macchia rossa era molto curiosa e voleva scoprire il mondo. Un giorno salutò i suoi amici e si mise in viaggio. La piccola macchia rossa si incamminò lungo una strada, [...] all'improvviso il paesaggio cambiò aspetto e tutto intorno a lei si fece verde. Qui è diverso da casa - mormorò la piccola macchia rossa. Non si sentiva più a suo agio. Era diventata un piccolo punto rosso tutto solo in mezzo a tanto verde... Matilde, e tu? Dov'è che ti senti a tuo agio?"
"..."
"Dov'è che stai bene, che ti senti più a tuo agio?"
"Qui a casa."
"E poi?"
"A scuola."
"E poi?"
"Dai nonni."
"Mh-mh."
"E qui, con mamma e papà."

Le schiocco un bacio in fronte.
A volte provo a cercare di capire come si senta. Prendo spunto dalla situazione. Sinceramente, non mi aspettavo dicesse la scuola. Ma bene così: vuol dire che, nonostante il suo mutismo, è un luogo per lei piacevole. Del resto, questo sta a dimostrazione del fatto che i bambini con mutismo selettivo non rifuggono la relazione con gli altri, anzi: vorrebbero potersi esprimere liberamente con le parole, come fanno a casa, ma non ci riescono. 
La coccolo ancora un po'.

"Sai Matilde, la mamma è davvero tanto contenta di avere una bambina come te!"
"Dai, smettila!"
"Vieni qui, fatti dare un altro bacino!"
"Dai!" mentre ride.
"E tu? Sei contenta di avere una mamma come me?"
"Sì."
"E un papà come papà? E una sorella come la Michi?"
"Sì-ì."

E poi, scambiandoci tanti altri sorrisi, continuo la favola della buonanotte.



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