domenica 12 marzo 2017

Il silenzio che ti smaschera

E' proprio così.
E' come se lei ti smascherasse. 
Smaschera le tue intenzioni.
In un certo senso, di fronte a Matilde, è come se ti ritrovassi nudo.
Senza protezioni, senza maschere.
E' come se avesse delle antenne
Per sentire chi sei, come ti poni, cosa le chiedi, cosa ti aspetti.
E lo avverte.
Non le sfugge niente.
E' estremamente attenta e sensibile.
Ogni sfumatura, lei la coglie.

Sono reduce in questi giorni dai primi due eventi organizzati da me in qualità di referente regionale dell'Associazione A.I.Mu.Se. sul tema del mutismo selettivo.
Per la prima volta, in Emilia-Romagna, ci si incontra e si condividono percorsi, esperienze, casi. Per conoscersi e conoscere questo disturbo, e per sapere come affrontarlo, sia a scuola che in famiglia.
E quello che mi porto a casa sono delle belle sensazioni. 
Non solo per aver incoraggiato genitori e insegnanti, che si sentono disorientati di fronte al silenzio dei loro bambini e alunni, a trovare strategie per superare le difficoltà. Ma anche per aver trovato, lì, un sentimento di vicinanza e di condivisione.
Esco da questi incontri sempre più arricchita.
Per me, è un'esperienza di crescita.
In particolare, di tutto quel che è stato detto, mi sono rimaste impresse un paio di immagini.

La prima è quella tipica di quando se ne parla in ambito psicoterapeutico: quella dell' iceberg.
Tutti sappiamo cos'è un'iceberg: una montagna di ghiaccio, che emerge dall'acqua per una punta, mentre la maggior parte rimane sommersa. Invisibile. Eppure c'è.
Nel caso del mutismo selettivo, la punta dell'iceberg è il silenzio, la mancanza della parola, che spicca su tutto. E purtroppo, si tende a vedere soltanto quel che manca, invece di concentrarsi su tutto quell'altro che c'è.
E, sotto l'acqua, c'è tutto un mondo. Un mondo di cose positive, da valorizzare, e negative, su cui lavorare. Da un lato, sensibilità, attenzione, generosità, talento, espressività, interesse, curiosità. Dall'altro, paura, vergogna, bassa autostima, inadeguatezza, impotenza, insicurezza, timore del giudizio.
La punta dell'iceberg, quello che vediamo - il silenzio, l'inibizione comportamentale - è una reazione istintiva.  
Come il gatto che viene abbagliato dalle luci delle auto che lo sorprendono sulla strada. La sua reazione immediata è quella di bloccarsi, o scappare.
Così come questo istinto animale scatta di fronte alla percezione di un pericolo, il silenzio dei bambini con mutismo selettivo funziona come una difesa.
Una strategia di difesa dall'incapacità percepita di far fronte all'ambiente.
Quest'incapacità, attenzione, è soltanto percepita, non reale. Così come quel particolare ambiente, quel particolare contesto, viene percepito in qualche modo come minaccioso. Questa percezione di pericolo deriva da nessuna cosa se non dal "brutto film" che questi bambini immaginano nella loro mente.
Ed è su questo che occorre lavorare. Non tanto sulla produzione di parole, quanto sulla percezione del mondo che li circonda. 
Quello di cui hanno bisogno, allora, è di andare nel mondo con tranquillità. Occorre incoraggiare la loro esplorazione. Devono poter sviluppare fiducia: nei confronti delle loro capacità, nei confronti dell'ambiente, nei confronti degli altri.
La risposta sta sempre nella relazione.

La seconda immagine è una metafora
Chiedere a un bambino muto selettivo di parlare, è come chiedere a una persona che è a letto con le gambe ingessate di andare in cucina a prendere l'acqua.
Soltanto per il fatto che parlare è una cosa naturale, non vuol dire che sia possibile per tutti, facendo appello alla propria volontà.
Questi bambini vorrebbero parlare, ma non ci riescono.
Il fatto è che usare le parole per comunicare ci sembra una cosa talmente scontata e fattibile, che ci manda in crisi il non capire perché una persona in un contesto lo faccia e in un'altro no.
Invece, le parole non sono sempre il mezzo per entrare in relazione. Spesso, ne sono la conseguenza.