venerdì 2 settembre 2016

Dentro il nido

"Matilde, ecco il tuo asilo vecchio! Te lo ricordi?"
"Sì! La scuola di quando ero piccola!"
"Proprio quella. La maestra Cinzia, la maestra Patty, la tata Mary. Ti piaceva andare in quell'asilo?"
"Sì! Ci voglio ritornare!"
"Va bene, allora un giorno passeremo a salutare di nuovo le tue vecchie maestre. Saranno molto contente di rivederti!"
Ogni volta che passiamo con l'auto davanti all' asilo nido dove ha trascorso i suoi primi due anni scolastici, mia figlia esclama sempre in modo felice e nostalgico, appena lo vede. Ne ha un bel ricordo, da quel che dice. E anche noi come genitori ci siamo trovati molto bene. Un ambiente davvero sereno, persone disponibili e gentili. Eppure mi sono più volte chiesta se non sia cominciato tutto da lì. La storia del mutismo selettivo, intendo.
Sì, perché è stato durante la frequentazione del nido d'infanzia, soprattutto nel secondo anno, che Matilde ha cominciato a mostrare una certa "timidezza". Che non era - e non è - timidezza. Le maestre, durante i colloqui, ci chiedevano se a casa dicesse qualche parola.
"Certo, parla eccome con noi!"
"Davvero? Noi invece non la sentiamo mai, la sua voce. Fa sì e no con la testa, si fa capire in altri modi, quello sì. Ma con noi non parla mai."
All'inizio l'inserimento è stato lungo ma tranquillo. Non mi cercava, non ha mai pianto per il "senso d'abbandono", al mattino andava sempre volentieri. Certo, era tra i più piccoli, e in più ancora non camminava, si spostava gattonando. Lì, nel grande salone centrale, invece, c'era la giocosa confusione e il gran rincorrersi di bambini di quell'età. Istintivi, curiosi, sfrenati. Lo sguardo di Matilde, me lo ricordo bene, sembrava molto guardingo, diffidente, come se dicesse: ma che succede adesso, che fanno quei bimbi, dove vado io? Certo, parliamo di un caratterino particolare, il suo. Molto prudente, ha i suoi tempi per affrontare le cose - e lo ha dimostrato in diversi episodi, primo su tutti l'inizio della deambulazione autonoma a diciotto mesi - prima studia le situazioni e poi, solo quando si sente sicura e pronta, si lancia. E' affettuosa, dolce, generosa. Attenta, curiosa, gioiosa. Ma anche testarda, ostinata, decisa. Si arrabbia se non riesce a fare una cosa come vuole lei, è di una precisione estrema e pretende molto da se stessa. Del resto, è del segno della Vergine. 
A volte, avrei voluto diventare - ma anche adesso ogni tanto lo vorrei essere - una mosca. Per ronzare insospettabilmente nell'aula e vedere cosa fa. Lo so, non è bello, e nemmeno a me piacerebbe essere spiata a mia insaputa. Ma la curiosità di conoscere i suoi comportamenti in ambienti al di fuori di quello famigliare è troppo forte. Mi sono così fatta l'idea, ripensandoci "a freddo" dopo qualche tempo, che l'esperienza del nido possa esser stata in un certo modo "traumatica". O meglio, che possa aver innescato in lei una sorta di meccanismo di difesa. Si sa, la vita scolastica, fin dall'asilo nido, ha altri ritmi e altre caratteristiche rispetto a quella famigliare, l'unica conosciuta da un bimbo fino a quel momento. A casa, ci sono le abitudini e le routine famigliari. A scuola, ci sono altre regole. A casa, la mamma ti accudisce ventiquattrore su ventiquattro. A scuola, la maestra deve dividere le sue attenzioni a più bambini. E forse, l'esperienza di sentirsi per così dire smarrita in quell'ambiente, ripetuta quotidianamente, potrebbe aver rinforzato un comportamento di difesa, del genere: me ne sto zitta e buona, così non mi succederà niente - ad esempio, non mi riprenderanno, non verrò urtata dai compagni più vivaci, non mi giudicheranno. 
C'è un dettaglio molto indicativo e buffo, se vogliamo, che le maestre mi avevano riferito negli ultimi mesi di asilo nido: il momento in cui sentivano Matilde parlare, l'unico momento, era quello della  nanna dopo il pranzo. Proprio il momento in cui tutti dovevano far silenzio! E così le maestre erano costrette a zittirla. Paradossale! Immagino il suo pensiero: ecco, ora che tutti finalmente tacciono, posso parlare io!
Quelli che parlano di mutismo selettivo dicono che non c'è in realtà un vero motivo. Eppure io, da mamma, tra le mille altre domande che mi sono inevitabilmente posta, me lo son spesso chiesta: è colpa mia? Ho fatto male a mandarla al nido? Ecco, dovevo tenerla a casa con me, accidenti. Lo sapevo. Ma non serve tormentarsi. Serve capire. O meglio, com-prendere. Prendere assieme.  




Nessun commento:

Posta un commento