L'idea è della nostra amata maestra d'asilo, che sta prendendo a cuore in modo estremamente apprezzabile la difficoltà di mia figlia.
Piena di gratitudine e di curiosità, cerco e mi informo.
Sul gruppo Facebook di AIMuSe, mi viene segnalato un testo: Acqua Dolce, di Andrea Bouchard. Consigliato però dai sette anni in su.
Va bene - dice la nostra maestra - proviamo a vedere, lo adatterò io.
Incomincio a leggere.
E'
la storia di una bambina speciale, nata cadendo nel mare,
nell'acqua di un'isola a forma di mezzaluna, l'Isola Verde, che si
diceva fosse incantata, misteriosa, maledetta.
La
bambina venne chiamata Acqua Dolce, perché le acque che circondavano
l'isola erano stranamente dolci, prima di diventare, là più al
largo, acque salate dove vivevano terribili squali.
Il
padre le mise al collo un ciondolo portafortuna, una conchiglia a
forma di mezzaluna, legata a una catenina: un
simbolo per rappresentare il miracolo della sua nascita.
La
bambina visse coi genitori per ventinove giorni nella splendida
isola, con un gruppo di scimmie affezionate ad accudirla come baby
sitter, un gabbiano e due delfini.
Poichè
si narrava che chi rimaneva oltre un mese sull'isola veniva colpito
dalla maledizione e non poteva più fare ritorno, la famiglia fuggì
a bordo di una zattera. Durante la loro fuga, uno degli squali li
attaccò e stava quasi per ingoiare la bambina, ma venne soffocato
proprio dal ciondolo a forma di mezzaluna e dalla catenina che gli
rimase impigliata tra i denti.
La
bambina divenne triste dopo l'abbandono dell'isola e, una volta
tornati ad abitare in città, si calmava solo a contatto con l'acqua.
La mamma, per placare i suoi strilli disperati, era arrivata anche a
costruirle un passeggiacqua, un passeggino che al posto
della culla aveva una vaschetta piena d'acqua.
Poi,
crescendo, Acqua Dolce si abituò a vivere come una bambina normale.
O quasi. Sì perché da quando era nata, e fino ad allora, non
aveva mai detto una sola parola. In compenso, nuotava coi
delfini, dormiva con le tartarughe, e faceva altre cose strane e
strabilianti.
I
genitori, preoccupati del fatto che non parlasse, la portarono dai
dottori,
che però non riuscivano a trovare spiegazioni. Un dottore disse:
"Sembra non parli perché non ne ha voglia". Il padre,
infastidito, lo insultò, allora il dottore disse che aveva capito:
"La bimba non parla perché non vuole diventare maleducata come
voi genitori!"
Il
padre cadde in depressione,
non si capacitava del fatto che la figlia non parlasse. La madre,
invece, diceva che non importava se era silenziosa, la sua piccola
era stupenda, sapeva fare tante cose, le
voleva bene così.
La bambina, del resto, non sembrava affatto esserne preoccupata, era
sempre allegra e sapeva fare tante cose, anche molto difficili.
Il primo
giorno di scuola, alle elementari, Acqua era felice di poter
conoscere nuovi compagni. La madre era invece nervosa, si
raccomandava che si comportasse bene.
La
maestra, quando all'appello arrivò il turno di Acqua Dolce, disse:
"Attenzione, lei si chiama Acqua, non sa parlare, siate buoni
con lei e aiutatela". I compagni invece la presero in giro,
per il suo nome insolito. La maestra la credeva sorda o stupida, così
le ripeteva più volte le cose perché pensava che la bambina
non capisse. La imboccava, persino, e Acqua si sentiva in
imbarazzo, ma non diceva nulla, perché non voleva deludere la madre
che si era tanto raccomandata di ubbidire alla maestra.
Acqua
però si stufò: un giorno chiamò il suo amico gabbiano che, volando
come sempre sulla sua spalla, cominciò a fare un gran baccano per
tutta la classe. Un'altra volta, Acqua, che stava insegnando ai suoi
compagni le cose più strane, si mise a far gareggiare le lucertole e
una scappò sulla cattedra della maestra, che si spaventò e si
arrabbiò molto.
E
così Acqua fu sospesa per tre giorni.
Ma
quando tornò a scuola, ne combinò una ancora più grossa: lasciò
aperti tutti i rubinetti dei bagni e allagò l'intera palestra.
La
madre la mise in punizione: niente più zoo né acquario, dove la
bambina andava sempre. Acqua divenne una bambina triste. "Devi
diventare una bambina normale" le disse la madre, e la
portò in una scuola diversa, anche perché là il direttore non la
voleva più vedere.
La
madre, nel periodo in cui Acqua rimase a casa da scuola, le insegnò
a scrivere. Ma tutti i giorni la bambina correva in camera sua a
piangere. Anche il padre era diventato triste, e muto come lei.
Acqua,
visto che aveva imparato a scrivere, un giorno scrisse alla madre un
biglietto: "Mamma, adesso sono cambiata, voglio essere
una bambina normale, ti prego fammi tornare a scuola, ti voglio bene,
non voglio deluderti più".
Tornò
così a scuola, era brava in tutte le materie, ma non sorrideva
più, e non giocava più con gli altri bambini.
I
suoi compagni erano affascinati dalle sue straordinarie capacità di
fare capriole, salti mortali, camminare sulle mani, e molte altre
cose. Ma lei stava sempre sulle sue. Tra le sue compagne ce n'era una
più tranquilla delle altre, e affascinata dal suo silenzio: Arianna,
che divenne subito molto amica di Acqua Dolce.
Al
suo decimo compleanno, la madre, pur di non vederla sempre così
triste, volle far fare a sua figlia la cosa che più desiderava.
Acqua
decise di andare al mare da sola.
Lì,
sulla spiaggia, avvenne l'incontro magico della storia di
Acqua, l'incontro con il Capitan Seppia, un vecchio marinaio che
portava una folta barba bianca e sul petto un curioso ciondolo, una
conchiglia proprio a forma di mezzaluna. Dopo averle chiesto il suo
nome, e dopo che Acqua glielo scrisse su un biglietto, il marinaio
disse: "Io lo so perché non parli. Tu sei un pesce fuor
d'acqua. Trova il tuo mare e potrai parlare".
Acqua
era confusa, spaventata, ma attratta da quel ciondolo, ed emozionata
alle parole che aveva detto il vecchio: avrebbe davvero potuto
aiutarla a parlare? Le batteva forte il cuore.
Il Capitan Seppia, dopo aver raccontato ad Acqua della terribile
avventura sull'Isola Verde e di come riuscì a salvarsi dagli squali
che avevano invece divorato i suoi compagni, chiese alla bambina,
estremamente incuriosita dal suo ciondolo, se voleva prenderlo per
guardarlo meglio da vicino. Acqua lo indossò, e quando si mise la
conchiglia al collo disse: "E' BELLISSIMA".
Aveva
pronunciato per la prima volta quelle due semplici parole come se
avesse da sempre parlato. Ma subito se lo tolse e scappò via.
Tornata
a scuola, Acqua Dolce progettava in quei giorni la fuga all'Isola
Verde, di nascosto da tutti, genitori e maestra. I compagni
accettarono volentieri di accompagnarla in quell'avventura verso
l'Isola, perché le volevano bene e volevano aiutarla.
Il
viaggio fu rocambolesco, ma alla fine ci riuscirono: arrivarono sulle
spiagge dell'Isola Verde. Appena Acqua l'avvistò, dalla barca su cui
stavano viaggiando, gridò con tutta la voce che aveva in gola:
"Acquaaaaaa!!!"
La
missione era cercare la sua conchiglia, ma nei giorni che rimasero
sull'isola, la bambina e i suoi compagni si divertivano così tanto
che se ne dimenticarono. Acqua era così contenta di poter parlare
che lo faceva con tutto e tutti, sicura che la capissero.
Trascorsero
diverse giornate, ma il compagno che si era incaricato di tenerne il
conto si dimenticò di continuare a farlo, e ormai non sapevano più
da quanti giorni erano lì. Provarono allora a tornare indietro, ma
furono attaccati dai terribili squali.
Magicamente,
comparve il Capitan Seppia, che riuscì a salvarli tutti. Il capitano
regalò ad Acqua il suo ciondolo.
I
genitori di Acqua erano al colmo della gioia nel sentirla parlare.
Capirono quanto l'isola era importante per lei e le promisero di
ritornarci.
Acqua
era diventata molto amica di Arianna, con cui giocava e scherzava
allegramente. Adesso non aveva più paura che la prendessero in giro,
perché sull'isola si era sentita finalmente capita e amata da tutti
i compagni.
Tornata
in città, Acqua parlava proprio con tutti quanti. Talmente tanto che
a volte la gola le bruciava, allora la madre le toglieva per qualche
giorno il ciondolo e lei si godeva il silenzio. Aveva poi cominciato
a farlo anche lei: le piaceva togliersi il ciondolo per un po',
perché così sentiva meglio i profumi, i colori, il vento.
Fece
anche un gioco con l'amica Arianna. Preparò un ciondolo uguale al
suo, e le disse: "Me lo ha dato il Capitan Seppia. Se lo porti
stando in silenzio, senza parlare, potrai imparare a farti capire
dagli animali come faccio io. Ma attenta, perché se parlerai, se
dirai anche solo una parola, rimarrai muta per sempre. Sei abbastanza
coraggiosa da provare?" Arianna stava al gioco, e vedeva che
funzionava: i gabbiani si avvicinavano a loro due, sedute
silenziosamente sul molo. Pensò che il ciondolo fosse davvero
magico.
Giocavano
e si divertivano, e divennero sempre più amiche, legate da questo
identico portafortuna.
Acqua,
Arianna, Marco e Luca avevano formato un gruppetto stabile di amici,
tutti quanti col ciondolo appeso al collo, divertendosi a fare il
gioco del silenzio.
Acqua
era felice e si sentiva davvero amica di tutti i suoi compagni. Ma
era un po' scontenta, le mancava l'isola.
Ogni
tanto, andava a trovare il Capitan Seppia, e rimaneva sulla sua barca
anche a dormire. Le piaceva dormire lì, con le onde a cullare il suo
sonno.
Acqua
sognava di vivere su una barca e quando il marinaio Brezza,
amico del capitano, cogliendo esattamente il suo desiderio, le
propose di darle in regalo la sua vecchia imbarcazione, la ragazza
accettò entusiasta.
E
Acqua riuscì a rimetterla a nuovo: raccolse i soldi necessari al
restauro della barca, organizzando spettacoli coi delfini, dove era
lei stessa a ripetere quello che gli animali le mostravano di fare.
Erano spettacoli all'incontrario.
La
barca venne terminata che lei aveva quindici anni, e la chiamarono
Arcobaleno.
La
storia termina con un dolce sentimento d'amore: quello che sentono
nascere dentro di loro Acqua Dolce e il figlio del marinaio Brezza.
E'
un racconto articolato, sicuramente ricco di spunti per suggerire
riflessioni e pensieri.
La
nostra maestra ha anche pensato di poter cogliere alcuni elementi
della storia, per proporre piccoli laboratori da realizzare in classe coi
bambini. Ad esempio, creare il ciondolo portafortuna con laccetti e
conchiglie.
E
dato che il libro, di oltre cento pagine, ha purtroppo pochissime
illustrazioni, la nostra maestra ha persino cercato e stampato le
immagini di tutti i personaggi e gli scenari della storia.
Sono
davvero curiosa di vedere cosa scaturirà dalla lettura collettiva di
questo libro...
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