venerdì 25 novembre 2016

L'inondazione

"E il giorno che parlerai a scuola, Matilde, come ti immagini che sarà?"
Davanti al libro aperto sulle emozioni spiacevoli rappresentate in nove figure mostruose o catastrofiche, lei mi indica quella corrispondente all'inondazione.
"Sarebbe come un'inondazione? Ho capito. Ti immagini allora come se ci fosse tanta acqua che invade tutti gli spazi. Beh, magari invece sarà soltanto come svuotare una bottiglietta d'acqua in un bicchiere. Una sensazione di benessere e freschezza, come quando si beve un bel bicchiere d'acqua dopo che si aveva tanta sete".
Il tema dell' acqua ritorna.
Per curiosa coincidenza, ci accompagna.

Questo era il "compito a casa" assegnatoci dalla psicologa durante il nostro primo incontro.
Piccole emozioni e grandi emozioni. Prendere un' emozione che sembra diventare troppo grande, troppo intensa, troppo spaventosa, e da cui ci si può sentire sopraffatti, come una forte rabbia, una grande paura, un fastidioso dolore - rappresentabili come un'eruzione, un incendio, o un'inondazione appunto - e renderla piccola, accettabile, positiva.
Dopo aver letto un paio di volte a Matilde la storia di "Uno scricciolo di nome Nonimporta", ho colto al volo - per fare questo esercizio, chiamiamolo così - l'occasione di un fatto avvenuto proprio quel pomeriggio. 
Festa di compleanno di una sua compagna. Giochi, torta, regali. Bimbi. Tanti bimbi. Matilde corre e rincorre le sue amiche nel grande salone affittato per la festa. Poco prima di andarcene, mi fermo a chiacchierare con un'altra mamma e la perdo di vista. 
Dopo un po', me la vedo tornare in lacrime, accompagnata da un papà e dalle sue amiche. "Che è successo?"
"Dice che suo fratello l'ha spinta", dichiara l'uomo.
"Ma noi non abbiamo fratelli maschi", preciso.
"Mio fratello! E' stato mio fratello!" interviene una delle due amichette.
"Ah, adesso ho capito".
Consolo Matilde più e più volte e, mentre siamo in bagno a rinfrescare il suo faccino triste e a controllare il suo ginocchio lievemente sbucciato per la caduta, le dico: "Sai, ci sono bambini che sono più attenti, più bravi, più educati, e altri che sono meno attenti, meno bravi e meno educati. Se il bimbo che ti ha spinta non l'ha fatto apposta, deve fare più attenzione la prossima volta; ma se invece lo ha fatto di proposito, bisogna dirglielo di non farlo più. Bisogna imparare a dire basta! non farmelo! così capisce anche lui che sta facendo una cosa sbagliata".
In questi casi non so mai se faccio bene o faccio male, non so mai come comportarmi nei confronti dell'altro soggetto coinvolto, se farlo presente ai genitori o lasciar perdere.
Però, anziché rimproverare gli altri, preferisco rafforzare mia figlia, parlare con lei, riflettere insieme sull'accaduto. Per darle strumenti, per farla crescere
Perché ci saranno sempre degli altri da cui doversi difendere, da dover affrontare. E io non posso pretendere di cambiare loro. Ma rendere più consapevole mia figlia, quello sì.
E così quella sera, approfittando dell'episodio accaduto alla festa, propongo a Matilde di fare un gioco. Lei mi segue. Prima di prepararci per la notte, ci mettiamo sul lettone io e lei, a rileggere la storia di Nonimporta. 
Dopo di ché, annuncio il gioco che faremo.
"Adesso Matilde, guarda queste immagini. C'è un temporale, una nebbia fitta e spaventosa, una valanga, un vulcano in eruzione, un mare in tempesta, un orribile mostro, un incendio, un terremoto, un'inondazione. Quando oggi pomeriggio alla festa sei stata spinta da quel bimbo, come ti sei sentita? Come immagini di esserti sentita, dentro di te? Ti immagini un'emozione come un temporale? O come un mare in tempesta?"
Indica l'immagine della valanga.
Proseguo subito chiedendole la stessa cosa per quando aveva perduto a scuola il suo giocattolo pappagallo. E mi segna il vulcano.
Introduco la terza e ultima domanda, quella citata all'inizio, su quando parlerà a scuola. E mi mostra l'inondazione.
Allora comincio a ridimensionare.
Sì, a volte può sembrare una valanga che travolge, ma magari è soltanto un... panettone che si sbriciola.
Sì, a volte può sembrare un vulcano che erutta, ma magari è come un... tappo di spumante durante una festa.
Sì, a volte può sembrare un fiume che allaga tutto quanto, ma magari è invece... come versare un po' acqua da una bottiglia in un bicchiere. 
Ammetto di aver maldestramente improvvisato. E non so se ho detto cose giuste o sbagliate.  
Ho notato che Matilde mi ascoltava con attenzione. Ma quale effetto avrà avuto?
Finito l'esercizio, il test, o come vuoi chiamarlo, la consegna era quella di chiudere lì l'argomento, e tornare a fare le attività abituali, senza più parlarne. E così ho fatto.
Vediamo al prossimo incontro cosa ci dirà la psicologa.
E vediamo se saremo capaci di surfare su tutta quest'acqua.




2 commenti:

  1. Ciao Chiara, come sai leggo il tuo blog è mi piace molto. A volte vorrei commentare, un po' manca il tempo, un po' non riesco ad inserire i post dal cellulare e perdo la pazienza :). Leggendo il racconto della festa mi è venuto spontaneo soffermarmi sull'affermazione del papà: "dice che suo fratello l'ha spinta". Quindi Matilde ha parlato con qualcuno? Sai, anche Bianca quando la porto all'asilo vuole che dia io le prime informazioni alle tate, la vedo in "modalità timida", poi però dicono che parla... chissà quanto, chissà se si difende, chissà se chiede. Quanti alluvioni, vulcani e valanghe che devono affrontare questi cuccioli, è una bella idea quella di ridimensionare le catastrofi, effettivamente ciò che vivono non lo possono filtrare con l'esperienza e la razionalità. Ottimo spunto, grazie Chiara!
    Elisabetta

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  2. Ciao Eli, grazie mille, mi fa piacere, anzi il dialogo nei commenti è sempre costruttivo, e dà occasione anche a me di riflettere e confrontarmi! Non credo Matilde abbia parlato a questo papà, piuttosto, immagino (anche visto l'equivoco sul presunto fratello) che abbia risposto l'amichetta al posto suo, forse la terza amica lì presente (riferendosi al fratello dell'altra). Ho ricostruito insomma l'accaduto dagli elementi che avevo. Per quanto riguarda Bianca, prova a chiederlo alle maestre, magari in occasione dei colloqui (non so se li fanno anche da voi) oppure in un momento buono per chieder loro come la vedono a scuola, come si comporta, ecc. E' importante avere un feedback in tal senso. Prova. Il concetto di ridimensionare quello che di spaventoso si immaginano i nostri bimbi è proprio quello di cercare di comprendere le conseguenze che pensano possano accadere, andando anche all'estremo, ci diceva la psicologa, ad esempio "qual è secondo te la peggior cosa che ti immagini possa succedere?" e spesso anche noi adulti facciamo fatica ad arrivare fino in fondo al nostro pensiero spaventoso per poi elaborarlo e scioglierlo. Un bacione a te e a Bianca, a presto! :-)

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