domenica 24 settembre 2017

La scuola è promossa

Proprio così.
A una settimana dall'inizio delle elementari, il bilancio per Matilde è positivo.
Le piace molto. Le piace di più di quella prima. E' sempre entusiasta all'uscita, e ci racconta tutto. 
Beh, tutto tutto no. Nemmeno io probabilmente dicevo ogni cosa a mia madre.
Diciamo che si mette a parlare ininterrottamente. Quando esce, è un fiume di parole. Come diceva quella canzone.

"Allora, Matilde, com'è andata oggi?"
"E' andata benissimo!"
"Bene. Senti, ma la maestra come ti sembra?"
"Brava."
"E i tuoi compagni?"
"Bravi, tutti bravi."
"E c'è qualche compagno o compagna che ti piace?"
"La bambina che mangia sempre la frutta a merenda."
"Ah si? Che brava! E come si chiama?"
"Emilia."
"E com'è? Come ha i capelli?"
"Con la frangia, corti fin qui, neri".
"Ho capito. E dov'è seduta col suo banco, in aula?
"Davanti a me, ma un po' spostata in là."
"Ok. E quando fate merenda vi sedete vicine?"
"No..."

"Sai, mamma, che oggi abbiamo visto una cavalletta?"
"Davvero? E dove?"
"Nel cortile della scuola, quando siamo usciti."
"Ah, quando facevate l'intervallo?"
"Sì. E poi un bimbo si era avvicinato per prenderla, ma non era riuscito a prenderla!"
"Ah si?"
"Sì, e poi c'era anche una coccinella..."

L'allegra confusione del primo giorno. L'emozione, il ritrovo coi suoi vecchi compagni, le foto ricordo, il ritiro dei libri. In mezzo a tanti nuovi incontri, riconosci altre mamme, conosci nuovi compagni.
Una sola nota stonata: la bidella che aveva al primo anno di materna. Che aveva già dimostrato i suoi modi alquanto bruschi e indelicati.
Ci vede passare, ci riconosce, ci saluta. Ferma Matilde e le fa:
"Matildeee ciaooo! Ma non hai ancora imparato a parlare con me???"
Ecco. Nella calca della folla, faccio solo in tempo a fulminarla con lo sguardo, ma mi riprometto di parlarle. E così faccio, proprio il secondo giorno di scuola, appena dopo aver accompagnato mia figlia. La blocco e le dico l'essenziale. Di non insistere nel farla parlare, perché è peggio. Di lasciarla stare. Va subito sulla difensiva: ma io volevo soltanto che mi salutasse... ecco, appunto. No.
Glielo dico tranquilla e col sorriso, ma ferma e decisa. Il suo feedback mi fa capire che ha capito il messaggio.
Con alcune persone è davvero più efficace dire giusto due parole, il succo del discorso, piuttosto che intavolare una dissertazione sul mutismo selettivo. 
Questione di limiti. Anzi, di sensibilità.

La maestra Filomena, invece, ottima. Abbiamo già fissato un colloquio tra un paio di settimane, per confrontarci sull'andamento di questi primi giorni di scuola. Di conoscenza reciproca. E' anche disponibile a collaborare con la nostra psicologa, con cui abbiamo un incontro proprio domani.
Pian piano, prendiamo il ritmo.
La preparazione dello zaino la sera, la sveglia alle sette, la colazione e il brevissimo tragitto da casa a scuola.
I piccoli rituali. Prendendo spunto dalla pagina Facebook della Dr.ssa Anna Biavati-Smith, una valida logopedista pediatrica sardo-britannica, che si occupa nello specifico di mutismo selettivo e collabora con A.I.Mu.Se., ho messo in pratica un paio di suoi consigli per calmare l'ansia del rientro a scuola.
Ricavare un benessere positivo attraverso una stimolazione sensoriale: quella visiva (attraverso una foto di qualche caro o un'immagine di qualcosa di piacevole), quella olfattiva (attraverso un cartoncino sul quale attaccare pezzetti di carta o cotone profumati con aromi graditi), quella tattile (attraverso alcuni materiali più o meno lisci o ruvidi, morbidi o duri, piacevoli per il bambino da toccare).
E così ho proposto a Matilde di mettere nella tasca interna del suo zaino una foto di mamma e papà, in modo da averci sempre con lei.
Un altro piccolo suggerimento è quello di utilizzare un segnale fisico per far sentire la propria vicinanza e trasmettere sicurezza: mentre si cammina per mano, si può stringere tre volte la mano del proprio figlio, come a significare "ti" "voglio" "bene". Una sorta di codice segreto di affetto e calore.
E anche qui l'ho coinvolta in questo piccolo rituale, concordando con lei il gesto e il suo significato, e lo sto facendo ogni mattina mentre la accompagno a scuola. Mi piace.

Venerdì mattina, mentre ci stiamo mettendo le scarpe per uscire, Matilde mi dice:
"Mamma, ho un po' paura della scuola."
"Cos'è che ti fa paura?"
"Quando mi lasci a scuola."
"Ma ti ricordi che hai la foto di mamma e papà nello zaino? Così è come se fossimo sempre con te!"
"Mmm..."
"Anche nell'altra scuola, Mati, i genitori non c'erano in classe. Eravate solo voi bimbi e le maestre in aula. I genitori non stanno a scuola."
"Mmm..."
"E comunque, Mati, quando ci salutiamo all'ingresso e tu vai nella tua classe, io continuo a guardarti, e vedo che sei sempre bravissima."
Vedo che si è rasserenata. Stavolta ho indovinato. Questa risposta le è andata meglio.
Che cosa può nascondere, però, questa paura che ha cercato di esprimermi? Proveremo a sentire il parere della nostra terapeuta.

E allora via. Si riparte.
E' ricominciata anche danza. Lo stesso corso che faceva l'anno scorso.
Nelle giornate di prova, però, ha potuto provare anche il corso dei più grandi. E le piace di più, è stata pure bravissima.
Testa-spalla, baby, one, two, three.
Altro che tagliatelle della nonna Pina.
Adesso si fa sul serio.
:-)


2 commenti:

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