Proprio così.
A una settimana dall'inizio delle
elementari, il bilancio per Matilde è positivo.
Le piace molto. Le piace di più di
quella prima. E' sempre entusiasta all'uscita, e ci racconta tutto.
Beh, tutto tutto no. Nemmeno io probabilmente dicevo ogni cosa a mia
madre.
Diciamo che si mette a parlare
ininterrottamente. Quando esce, è un fiume di parole. Come diceva
quella canzone.
"Allora, Matilde, com'è andata
oggi?"
"E' andata benissimo!"
"Bene. Senti, ma la maestra come
ti sembra?"
"Brava."
"E i tuoi compagni?"
"Bravi, tutti bravi."
"E c'è qualche compagno o
compagna che ti piace?"
"La bambina che mangia sempre la
frutta a merenda."
"Ah si? Che brava! E come si
chiama?"
"Emilia."
"E com'è? Come ha i capelli?"
"Con la frangia, corti fin qui,
neri".
"Ho capito. E dov'è seduta col
suo banco, in aula?
"Davanti a me, ma un po' spostata
in là."
"Ok. E quando fate merenda vi
sedete vicine?"
"No..."
"Sai, mamma, che oggi abbiamo
visto una cavalletta?"
"Davvero? E dove?"
"Nel cortile della scuola, quando
siamo usciti."
"Ah, quando facevate
l'intervallo?"
"Sì. E poi un bimbo si era
avvicinato per prenderla, ma non era riuscito a prenderla!"
"Ah si?"
"Sì, e poi c'era anche una
coccinella..."
L'allegra confusione del primo giorno.
L'emozione, il ritrovo coi suoi vecchi compagni, le foto ricordo, il
ritiro dei libri. In mezzo a tanti nuovi incontri, riconosci altre mamme, conosci
nuovi compagni.
Una sola nota stonata: la bidella che
aveva al primo anno di materna. Che aveva già dimostrato i suoi modi
alquanto bruschi e indelicati.
Ci vede passare, ci riconosce, ci
saluta. Ferma Matilde e le fa:
"Matildeee ciaooo! Ma non hai
ancora imparato a parlare con me???"
Ecco. Nella calca della folla, faccio
solo in tempo a fulminarla con lo sguardo, ma mi riprometto di
parlarle. E così faccio, proprio il secondo giorno di scuola, appena
dopo aver accompagnato mia figlia. La blocco e le dico l'essenziale.
Di non insistere nel farla parlare, perché è peggio. Di lasciarla
stare. Va subito sulla difensiva: ma io volevo soltanto che mi
salutasse... ecco, appunto. No.
Glielo dico tranquilla e col sorriso,
ma ferma e decisa. Il suo feedback mi fa capire che ha capito il
messaggio.
Con alcune persone è davvero più
efficace dire giusto due parole, il succo del discorso, piuttosto che
intavolare una dissertazione sul mutismo selettivo.
Questione di
limiti. Anzi, di sensibilità.
La maestra Filomena, invece, ottima.
Abbiamo già fissato un colloquio tra un paio di settimane, per
confrontarci sull'andamento di questi primi giorni di scuola. Di
conoscenza reciproca. E' anche disponibile a collaborare con la
nostra psicologa, con cui abbiamo un incontro proprio domani.
Pian piano, prendiamo il ritmo.
La preparazione dello zaino la sera, la
sveglia alle sette, la colazione e il brevissimo tragitto da casa a
scuola.
I piccoli rituali. Prendendo spunto
dalla pagina Facebook della Dr.ssa Anna Biavati-Smith, una valida
logopedista pediatrica sardo-britannica, che si occupa nello
specifico di mutismo selettivo e collabora con A.I.Mu.Se., ho messo in pratica un paio di suoi
consigli per calmare l'ansia del rientro a scuola.
Ricavare un benessere positivo
attraverso una stimolazione sensoriale: quella visiva (attraverso
una foto di qualche caro o un'immagine di qualcosa di piacevole),
quella olfattiva (attraverso un cartoncino sul quale attaccare
pezzetti di carta o cotone profumati con aromi graditi), quella
tattile (attraverso alcuni materiali più o meno lisci o ruvidi,
morbidi o duri, piacevoli per il bambino da toccare).
E così ho proposto a Matilde di
mettere nella tasca interna del suo zaino una foto di mamma e papà,
in modo da averci sempre con lei.
Un altro piccolo suggerimento è quello
di utilizzare un segnale fisico per far sentire la propria vicinanza
e trasmettere sicurezza: mentre si cammina per mano, si può
stringere tre volte la mano del proprio figlio, come a significare
"ti" "voglio" "bene". Una sorta di
codice segreto di affetto e calore.
E anche qui l'ho coinvolta in questo
piccolo rituale, concordando con lei il gesto e il suo significato, e
lo sto facendo ogni mattina mentre la accompagno a scuola. Mi piace.
Venerdì mattina, mentre ci stiamo
mettendo le scarpe per uscire, Matilde mi dice:
"Mamma, ho un po' paura della
scuola."
"Cos'è che ti fa paura?"
"Quando mi lasci a scuola."
"Ma ti ricordi che hai la foto di
mamma e papà nello zaino? Così è come se fossimo sempre con te!"
"Mmm..."
"Anche nell'altra scuola, Mati, i
genitori non c'erano in classe. Eravate solo voi bimbi e le maestre
in aula. I genitori non stanno a scuola."
"Mmm..."
"E comunque, Mati, quando ci
salutiamo all'ingresso e tu vai nella tua classe, io continuo a
guardarti, e vedo che sei sempre bravissima."
Vedo che si è rasserenata. Stavolta ho indovinato. Questa risposta
le è andata meglio.
Che cosa può nascondere, però, questa paura che ha cercato di esprimermi? Proveremo a sentire il parere della nostra terapeuta.
E allora via. Si riparte.
E' ricominciata anche danza. Lo stesso
corso che faceva l'anno scorso.
Nelle giornate di prova, però, ha
potuto provare anche il corso dei più grandi. E le piace di più, è
stata pure bravissima.
Testa-spalla, baby, one, two, three.
Altro che tagliatelle della nonna Pina.
Adesso si fa sul serio.
:-)
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