sabato 17 dicembre 2016

L'angolo di imperfezione

Ma guardala. 
E' così bella, brava, buona. 
Non le manca nulla.
Se solo parlasse con gli altri...
Se solo non avesse questa cosa...
Se solo fosse, se solo non fosse.
Ma lei è.
Lei è Matilde.
Lei è meravigliosa così.
E non lo dico perché è mia figlia. Certo, ogni scarrafone è bell'a mamma sua, come ci cantava il buon Pino. Lo dico invece come lo direi per qualsiasi persona meravigliosa e umana di questo mondo, intrappolata soltanto in un recinto di stereotipi, etichette, pre-giudizi. Quelli degli altri. Che delimitano il terreno delle interpretazioni.
E' un meccanismo che scatta quasi automaticamente. Di una persona di colore, constatiamo prima di tutto l'aspetto della sua pelle, molto spesso fermandoci a quello senza ascoltare e approfondire. Di una persona con handicap, ci accorgiamo quasi soltanto della sua diversità, della sua difficoltà, della sua mancanza. Rispetto a noi. 
Ma noi chi, poi? Noi normodotati? E cosa significa poi essere nella norma? Avere caratteristiche fisiche in comune con molte altre persone? Comportarsi come comunemente ci si aspetta dagli altri? 
E chi invece non è così? Che poi, diciamocela tutta, siamo tutti un po' diversi. Nessuno è uguale agli altri. Per fortuna. Ma il fatto costante è che ci si accorge di più delle differenze, della nota stonata, dell'imperfezione. Piuttosto che del tutto armonico. Perdendosi, almeno in parte, questa straordinaria armoniosità.
Ecco. 
L'imperfezione. 
Che rapporto ha ciascuno di noi con la propria percezione nel sentirsi più o meno perfetti? Palandone con la psicologa che ci segue - segue noi genitori, per adesso, nell'aiutare a nostra volta Matilde - è emerso come ciascuno di noi possa trovare confortante e rassicurante il proprio angolino di imperfezione. 
L'importanza di conservare un aspetto della propria personalità, del proprio carattere, del proprio comportamento, libero da rigidi schemi perfettamente aderenti alle aspettative altrui. Uno spazio di sé stessi dove concedersi la libertà di poter sbagliare, o di poter lasciarsi andare al proprio modo di essere. 
Avevamo già accennato alla forte autodisciplina che dimostra di avere Matilde. Pretende molto da se stessa: lo vediamo da come si arrabbia quando non riesce in qualcosa o da come non accetti piccoli errori, piccole sbavature nel suo disegno, o segni grafici che ha tracciato, ma che non la soddisfano appieno. 
Quindi, ogni volta che le cose non vanno come lei vuole, o come lei si immagina, la sua aspettativa viene delusa, e questo la irrita, la infastidisce. E cosa succederà se le cose non vanno come lei crede? Ad esempio, in rapporto al giorno in cui parlerà anche a scuola, che reazioni immagina, cosa pensa che possa succedere? E se non andrà così? Bisognerà lavorare sugli scenari, sulle aspettative, sulle possibili conseguenze. Pre-vedere: vedere prima, appunto. E accettare anche delle possibili sbavature, a proposito di imperfezione. 
Questa storia della perfezione mi ha fatto pensare molto su me stessa. 
Complice la domanda della psicologa, che ha stimolato proprio la riflessione su di noi, su noi due genitori, a proposito di come ci percepiamo rispetto al rapporto perfezione/imperfezione, mi è subito venuto in mente, come un'improvvisa apparizione, un pensiero preciso. Che ho estemporaneamente esternato.
Il pensiero di aver interiorizzato, da sempre, in modo forte, la volontà di non deludere i miei genitori. Inaccettabile, inaffrontabile, inconcepibile, per me, il fatto di causare una delusione in loro. Provocherebbe in me un'immediata perdita di autostima. E infatti: mai una sigaretta, mai una canna, mai una sbronza. Le classiche sciocchezze che si fanno da giovani. 
"Ecco, invece io tutto l'opposto!" interviene prontamente il mio compagno, appena finisco di descrivermi.
"Ma è proprio per questo che funzionate come coppia!" mi viene in soccorso la dottoressa. E il suo commento è azzeccatissimo: è proprio così.
Interessante, parlarne durante le sedute. Vengono sempre alla luce un sacco di aspetti sorprendenti.

Nel frattempo, voglio cogliere il sensato consiglio della psicologa: quello di evitare di dare giustificazioni a tutti, a proposito del mutismo selettivo di mia figlia. 
Lasciar perdere, smettere di commentare la sua difficoltà o dare ogni volta spiegazioni a ogni persona che si approccia. Perché mi solleva da una fatica non necessaria. O meglio, da uno sforzo inutile. 
Non sono tenuta a spiegare sempre e comunque, né sono tenuta ad aggiornare costantemente tutti gli amici e parenti sui miglioramenti o sulle novità di Matilde rispetto alla sua parola in pubblico. 
Mi riferisco, ad esempio, all' episodio accaduto con la bidella dell'asilo. O al commento, stavolta da parte di una persona vicina a noi - che dunque sa perché gliene parlai - che, sull'onda dell'entusiasmo per aver sentito live la voce di Matilde, colta in flagrante perché voltata di spalle, si è lasciata sfuggire il più classico dei classici: 
"Ma allora ce l'hai, la lingua!" 
Certo. La lingua ce l'hanno tutti gli esseri umani e anche animali di questo pianeta. E' una parte anatomica. Semmai, dì: la voce. Ma la lingua no. Ancora con questa lingua. 
Mi sento stanca. Stanca di ricevere piccole delusioni. Ma come? Anche tu, che lo sai? Tu che sai di cosa si tratta? Allora non serve a nulla, parlarne. 
Ecco: come dicevo, questo lasciar perdere lo farò, nel tentativo di alleviare il carico di concentrazione attorno al problema. Spostare l'attenzione dal mutismo, come dicevamo. Per viverla più serenamente possibile. Per trasmettere ancora più tranquillitàA me. A lei. A tutti quanti intorno.
Per farle sentire che comunicare è bello, ma non importa quale canale si utilizza. Non deve essere per forza solo la parola. Adesso ti riesce così. Va bene. Andando avanti potrai sentire più forza, più coraggio, meno agitazione, meno paura. Potrai avere più strumenti: la scrittura, i messaggi. 
Quando sarai pronta per farlo, sarà bello scoprire che nessuno ti considera strana, nessuno ti deride, nessuno ti giudica
Vai, dolce Matilde: sicura e forte come un piccolo grande dinosauro.






2 commenti:

  1. Attraverso il piccolo grande dinosauro Matilde, che entrambe amiamo, scopro anch'io qualcosa molto intimo di te. Mum

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  2. Non si finisce mai di conoscere le persone... :-)
    Mamma, ti ricordi della breve avventura col mio piercing al naso? Avevo quindici anni e vi ho fatto una testa così per avere sto brillantino nel naso...che poi dopo due settimane ho perso perchè mi si era sfilato, e il buco si è subito definitivamente richiuso. Ecco, credo sia stata la mia unica mossa di "ribellione" vera. In quel momento non mi importava nulla della delusione, dell'autostima, del giudizio. Volevo quello, e lottavo per averlo. Poi, è stata una lotta relativamente breve, perchè me lo avete concesso, questo piercing. (Che manco alle orecchie, li ho, i buchi. Ma allora andava quello nel naso, anzi erano i primissimi che si vedevano in giro, nemmeno ce n'erano così tanti, nel '95, e volevo questo qualcosa che mi distinguesse, che mi rendesse speciale, chissà poi che cosa pensavo e volevo dimostrare, con quello). Ma alla fine è stata una piccola lezione importante anche quella. Baci grandi!

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