giovedì 27 agosto 2020

Questo 2020 così complicato ma anche incredibile

Sono passati molti mesi dall'ultimo post. Mesi difficili, inaspettati, terribilmente segnati dal contagio pandemico di un nuovo virus, il Covid-19, che ha portato tanto dolore, sofferenza, paura, sacrifici, e che purtroppo continua a far temere per il futuro. E con il quale, a quanto pare, dobbiamo imparare a convivere ancora per altri mesi e mesi, almeno fino all'arrivo di un salvifico vaccino. 

Le scuole hanno improvvisamente e bruscamente chiuso i loro battenti dal 24 febbraio fino alla fine dell'anno scolastico. Tutto si è fermato. (Giustamente.) Dentro le aule tutto è rimasto così come lo avevano lasciato alunni e insegnanti il venerdì precedente, convinti che il lunedì si sarebbe ripresa la normale routine. Invece no. Siamo stati presi da un continuo rincorrersi di informazioni, spesso discordanti tra ordini e contrordini, e di sensazioni, tra incredulità, rifiuto, spavento, rassegnazione.

Incertezza. Soprattutto incertezza su cosa ci avrebbe atteso, su cosa stavamo affrontando, su come ci stava minacciando questo nuovo virus. Un toccasana per l'ansia, insomma!

Quando le scuole si sono organizzate con la ormai famosa DaD, la didattica a distanza, le famiglie si sono attrezzate per far entrare la scuola tra le mura di casa. Tra mille ostacoli, connessioni lente o intermittenti, auricolari o cuffie, password errate o azzeccate, alla fine ci siamo abituati anche al quotidiano appuntamento scolastico casalingo. I genitori, a furia di ripetizioni e spiegazioni aggiuntive, hanno potuto prendere un'abilitazione "ah honorem" all'insegnamento, e mentre tutti quanti imparavamo nuove parole e nuovi comportamenti (lockdown, mascherina, assembramenti, autocertificazione) ci siamo anche abituati a quell'unico modo possibile, in quel frangente, di comunicare e stare in contatto pur nella distanza forzata dell'isolamento. 

Videolezioni, videoconferenze, smart working, videochiamate, piattaforma Meet, piattaforma Zoom, e compagnia bella. Computer, tablet e telefonini sono stati la nostra interfaccia e la nostra connessione col prossimo. Compagni di classe, colleghi, parenti, amici: tutti finiti dietro (o dentro) lo schermo. Che ha avuto la fondamentale utilità di avvicinarci quando sembrava impossibile potersi reincontrare, potersi riabbracciare. 

Poi ci siamo finalmente reincontrati. Alcuni riabbracciati. A maggio era ufficialmente terminato il lockdown, io sono potuta rientrare al lavoro, e faceva veramente uno strano effetto uscire e rapportarsi in presenza con gli altri. C'era sempre questa paura, questa sottile agitazione, un continuo stare in guardia senza potersi mai completamente rilassare come prima. Una sensazione di disorientamento. A metà maggio abbiamo iniziato a portare le bimbe nei prati all'aperto, dopo poco hanno tolto i nastri a strisce bianche e rosse con cui avevano avvolto i giochi al parco, rendendo di nuovo accessibili scivoli e altalene. 

Per la festa del 2 Giugno siamo andati a trascorrere la giornata al mare. Vedere il mare dopo mesi di casa e terrazzo, è stata una vera gioia. Un senso di libertà, di apertura, straordinario. Una rinascita. Lì, durante il pranzo allo stabilimento balneare, Matilde ha compiuto il "primo miracolo". (*) L'ordinazione alla cameriera. In quel caso, ho chiesto a Matilde cosa volesse mangiare, e lei, parlando a me a voce alta, perché i posti a tavola erano ben distanziati come da normativa, ha detto così chiaramente il nome del piatto che desiderava, che non c'è stato bisogno della mia ripetizione alla cameriera, poiché aveva già preso nota correttamente. 

Qualche giorno dopo, siamo circa a metà giugno, il "secondo miracolo" (li chiamo così in maniera ironica e affettuosa, ma rende bene l'idea di quanto invisibilmente a bocca aperta mi abbiano lasciato, ritenendo pressoché improbabile che nei confronti di persone estranee sarebbe potuto a breve succedere un tentativo verbale). L'ordinazione alla gelataia. Quel giorno, dopo esser state al parco, decidiamo di farci una merenda in gelateria. Lungo il tragitto per strada, chiedo alle bimbe quali gusti prenderanno e poi propongo: "Dai, diteli voi i gusti che volete, direttamente alla gelataia, tanto ormai siete in grado, che ne dite?". Abbiamo ripassato cosa dire per l'ordinazione, e poi, giunti davanti al bancone, Matilde da dietro la mascherina proclama "Una coppetta piccola al cioccolato!". La gelataia, non avendo inteso bene ha chiesto di ripetere, allora, dopo aver abbassato la mascherina, Matilde ha ripetuto a voce alta la stessa richiesta. La gelataia le ha servito la coppetta e, dopo aver aspettato che anche la sorellina facesse la sua ordinazione, ho pagato e siamo uscite.

Neanche una settimana dopo, si verifica il "terzo miracolo". Erano cominciate a ripartire alcune iniziative per bambini nella nostra città, e visto che Matilde si è mostrata immediatamente entusiasta di partecipare nuovamente a forme di ritrovata socialità, tra proposte di attività fisica e laboratori creativi, l'ho volentieri iscritta a un corso di danza e movimento al parco, e a un ciclo di incontri di esperienze creative per bambini. Già all'arrivo in segreteria per le iscrizioni ai laboratori di "Officina", da dietro la mascherina Matilde risponde alla richiesta di dire il suo nome e la sua età. Spontaneamente, senza che io abbia ripetuto la domanda, o insistito. Anzi, mi sono imposta di tacere io, senza rispondere al posto suo, ma rispettando il suo tempo di reazione. Che non è nemmeno durato più del normale. Una volta iniziati i corsi, ai quali ho iscritto anche la sorellina Michela per la fascia d'età relativa, Matilde ha partecipato a tutte le attività rispondendo alle richieste verbali con la sua viva voce. Ed è stata una continua conferma. Sia al momento iniziale del "totem delle emozioni" dove le educatrici invitavano i bimbi a indicare la faccina corrispondente a come si sentivano quel giorno (felice, triste, arrabbiato, così così) e a motivare la scelta fatta (Matilde si limitava a dire "felice" senza aggiungere altro ma intanto aveva pronunciato davanti a tutti la parola), sia al momento della vera e propria attività, dove le bravissime Eleonora e Cecilia coinvolgevano i bimbi nell'apprezzare, commentare, interessarsi al lavoro di ciascun bimbo (Matilde rispondeva alla richiesta di dare un nome al proprio elaborato, o di riferire cosa stesse utilizzando per crearlo) fino al momento della merenda che veniva offerta a tutti, proponendo la scelta tra merendina o crackers, e tra succo o acqua (Matilde diceva a voce la sua preferenza). Ha pronunciato perfino il "grazie" e il "ciao" finale, che sono tra le due attivazioni verbali più difficili da recuperare per i bambini con mutismo selettivo, perché il saluto e il ringraziamento espongono molto all'interazione con l'altro e quindi sono tendenzialmente le ultime parole a riuscire a uscire (tant'è che involontariamente passano per bimbi maleducati, quando invece hanno "solo" un blocco d'ansia).

Però. C'è sempre il però. Con le persone che la conoscono già come "la bambina che non parla" resta ancora nella sua modalità silenziosa. Mentre con gli estranei, gli occasionali, coloro che non sanno nulla di lei, e pertanto non vengono percepiti come giudicanti, tutto è più rilassato, più fluido, il controllo si allenta e le parole rotolano facilmente sulla lingua, come fa a casa. E noi riconosciamo la Matilde che conosciamo da sempre. Anche se fa un certo effetto anche a me, positivo ma ovviamente sorprendente, vederla parlare con altri. La gelataia, il cameriere, il passante, le educatrici di Officina. Persino bambini estemporaneamente conosciuti al parco, ai quali ha risposto dicendo il suo nome e la sua età.

Con compagni, parenti e amici di famiglia, è ancora difficile. Per quanto ci siano delle varianti anche abbastanza rilevanti. Nel rapportarsi con compagni e maestre, ad esempio, nei momenti di videolezione la modalità di interazione di Matilde era esclusivamente scritta, attraverso lo spazio della chat che compariva accanto alle finestre video dei componenti della classe. Per quanto le insegnanti, sempre molto collaborative e disponibili, abbiano proposto e provato a creare un momento di videointerazione con loro e un piccolo gruppo ristretto di amiche in cui Matilde potesse sentirsi più a suo agio. Ma nel suo caso non funzionò per agevolare il verbale. Invece, i messaggi vocali alle insegnanti su WhatsApp sono continuati tranquillamente. Con Giulia, sua compagna e amica prediletta, la voce di Matilde si è fatta sentire forte e chiara nelle videochiamate, sempre tramite WhatsApp. E' stata una bella novità del lockdown, questa delle videochiamate con Giulia, mentre quando potemmo tornare a trovarci in presenza, ritornò anche il silenzio di Matilde, pur giocando spensieratamente insieme alla sua adorata amica. 

Ora che la riapertura della scuola si avvicina, tra mille mila dubbi e incertezze, che mi rendono ogni giorno più avvilita, chissà se la mascherina obbligatoria sarà un ostacolo oppure un'opportunità. Matilde aveva iniziato in terza elementare a parlare all'orecchio delle maestre, abbandonando il sistema dei bigliettini per comunicare con loro. Addirittura nella settimana prima della chiusura, mi aveva avvicinata l'insegnante di sostegno all'uscita da scuola per dirmi che Matilde aveva parlato all'orecchio anche con lei. Eravamo a questo punto, quando tutto poi si interruppe, come sappiamo. 

La ripartenza è piena di incognite, ma andremo avanti passo per passo, come abbiamo sempre fatto. E sempre fiduciosamente. Con qualche bella esperienza in più nella saccoccia.




(*) Parlando dei "miracoli" prendo spunto proprio dal libro "Matilde" di Roald Dahl, che ci ha accompagnato in queste settimane come lettura estiva ed è piaciuto molto alle bimbe. La protagonista del libro compie veri e propri miracoli usando un'energia, uno speciale potere, che non sapeva nemmeno di avere.



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