domenica 10 marzo 2019

Una farfalla volata per il suo viaggio

Questo blog ha avuto un brusco arresto.
Perché c'è stato un forte strappo, un vuoto. Una mancanza, che ancora non sembra reale.
Dopo otto mesi di sofferenza, di dolore indomabile e continuo, di tribolazioni tra farmaci e dottori, il brutto male che ha aggredito così pesantemente mia madre se l'è portata via così, nel giorno di San Valentino.
Faccio ancora fatica a rendermene pienamente conto, a realizzare che è successo veramente, perché la sua presenza è ancora così forte, così diffusa in ogni cosa, in ogni traccia che ha lasciato. Le conversazioni scritte con i suoi amici e amiche sui social, gli appunti sulla sua agenda, la programmazione sul calendario della terapia di cannabis, che purtroppo non è proseguita secondo le sue previsioni...
Ho vissuto con lei i suoi ultimi momenti, quella notte a vederla addormentata a causa della morfina, intubata con l'ossigeno, inerte e sempre più debole, è un'immagine di così grande impatto che mi rimane costantemente davanti agli occhi.
I giorni precedenti al suo ricovero finale, le visite in ospedale, le nostre chiacchierate.
Gli sguardi. I sorrisi. Gli abbracci.
Le parole. I silenzi. Pieni di sentimenti, di groppi in gola, di lacrime che scendono piano.
Quell'ultima notte, la paura di affrontare la realtà, quello che sarebbe arrivato, e intanto continuare tenerle la mano, continuare a parlarle, perché voglio credere che, pur non essendo più cosciente, abbia avvertito comunque qualcosa... una vicinanza...
La ringrazierò sempre, come ho fatto più volte parlandole nella stretta di un abbraccio, per tutto quello che mi ha dato. Anche in questi momenti estremamente difficili, ha dimostrato una forza e una consapevolezza fuori dal comune, mantenendo in ogni occasione il suo bel sorriso e anche l'ironia del suo essere scherzosa e allegra.
Non sono mancate ovviamente fasi delicate di sconforto, in cui, oltre al suo corpo, anche la sua anima arrivava ad essere davvero sfinita e avvilita.
Vederla soffrire senza poter fare nulla per aiutarla è stato un enorme dolore. E vederla andarsene senza poterla salvare è stato un qualcosa di terribilmente lacerante, però lo sarebbe stato ancor di più continuare a vederla in quelle condizioni ormai impossibili da sopportare.
Era - quanto è difficile parlare di lei al passato - una donna straordinariamente in gamba: profonda e leggera allo stesso tempo, salda, tenace, ma anche sensibile, dolce, gentile con tutti. Amata e stimata da colleghi, amici e conoscenti del paese. E da tutti noi famigliari. Perché era il pilastro della nostra famiglia, il nostro punto di riferimento. Era un po' la mamma di tutti, su di lei si poteva fare affidamento per tutto ciò di cui si aveva bisogno: ascolto, aiuto, condivisione. Ci teneva talmente tanto alle sue relazioni con gli altri, che le era dispiaciuto enormemente rendersi conto, negli ultimi giorni in cui il male ormai la stava vincendo, di non essere più in grado di rispondere ai messaggi che le arrivavano sul telefono. Si prendeva a cuore tutto e tutti. Il suo cuore era grande e bello.
A volte questa sua tendenza a mettere gli altri prima di se stessa, finiva per essere a suo discapito, perché pur di essere presente per loro, era disposta a mettere da parte i suoi bisogni.

Ho avuto il duro compito di doverlo dire alle mie figlie, anche se non è stato alla fine così difficile come me lo aspettavo.
Mi hanno vista piangere e giù di morale, soprattutto quell'ultima sera, quella in cui mi arrivò la telefonata della zia che mi avvisava di precipitarmi subito, perché le condizioni di mia mamma stavano anche loro precipitando, e i medici ci avevano detto che non sarebbe arrivata al mattino. Io e le bimbe eravamo a cena da sole in casa, e Michela, la piccola di tre anni e mezzo, vendendomi così affranta in lacrime, mi chiese:
"Mamma, perché sei triste?"
"Perché la nonna sta molto male: come vi dicevo, le medicine potenti che i dottori le stanno dando per provare a guarirla non riescono a farla guarire, perché il brutto male che le è venuto è più forte delle medicine, purtroppo, e lei si addormenterà per sempre..."
Qui ho notato le reazioni diverse delle due bambine. La piccola, molto più emotiva, o almeno quella che mi esterna di più le sue emozioni, mi ha detto:
"Oggi è una bruttissima giornata, mamma. Sono triste. Ti voglio bene."
Mentre Matilde, sette anni e mezzo, di una sensibilità direi quasi razionale, o più sottile e nascosta, ha voluto andare dritta al concetto fondamentale che le mie parole cercavano maldestramente di esprimere, dicendomi:
"Allora, mamma, lei morirà."
Con un tono a metà tra la domanda in cerca di conferma e la dichiarazione di una sentenza definitiva.
Ho dovuto confermarglielo. Poi sono partita per Ferrara, verso l'hospice dove era ricoverata da poco, per stare accanto a lei in quelle che facevo fatica a concepire come le sue ultime ore, fino a vedere il suo ultimo respiro.
Non riesco mai a capire, a sondare fino in fondo, i sentimenti di Matilde. 
Ne ho avuto conferma qualche sera dopo il funerale - le bambine hanno partecipato al funerale, come da parere concordante con la nostra psicologa, per dare loro la possibilità di chiudere il cerchio, di vivere il proprio dolore, di permettergli di esprimere i loro sentimenti e dare loro il messaggio che un grande momento doloroso come questo lo si vive, lo si attraversa, poi lo si supera e se ne esce, perché il dolore esiste nella nostra vita, non lo dobbiamo negare, ma affrontare e uscirne, perché la vita poi continua a scorrere nella sua quotidianità, tra scuola, lavoro e impegni, e dobbiamo vivere questi momenti senza farci sopraffare da essi - dicevo, qualche sera dopo, parlando con Matilde, le ho chiesto come si sentisse per il fatto che la nonna non ci fosse più.
Lei mi ha risposto: bene. Allora le ho chiesto se non fosse triste o dispiaciuta. Risposta: no. Allora mi sono accertata se le volesse bene. Stavolta sì, mi ha detto. Ho risposto che anche la nonna gliene voleva tanto. 
Ecco, mi ha lasciato un attimo interdetta, da un lato, ma dall'altro anche sollevata, per il fatto di essermi sembrata serena, non scossa, né traumatizzata. Del resto, la psicologa mi aveva rassicurata, o meglio, non tanto me  - perché io ero già favorevole all'idea della partecipazione delle bimbe al funerale - quanto il loro papà, rispetto al fatto che assistere a una cerimonia del genere non avrebbe rappresentato un trauma per le piccole.
La sera prima del funerale, quando rincasai dal babbo e dalle nostre bimbe, dopo essere stata due giorni a Ferrara da mio padre a sbrigare con lui le questioni pragmatiche e burocratiche in un clima surreale di sconcerto, spiegai alle mie figlie quanto era successo, nel modo suggeritomi dalla psicologa.
L'immagine del bruco e della farfalla.
"La nonna non c'è più, bimbe. E sapete cosa succede alle persone che si addormentano per sempre? E' come quello che fanno i bruchi quando diventano farfalle: lasciano lì il loro bozzolo, che sarebbe come il nostro corpo, e volano via come farfalle, per il loro viaggio, non sappiamo bene dove. Ecco, la nonna è volata via per il suo viaggio, non sappiamo bene dove. Ma possiamo ricordarla, così la sentiremo vicina, e guardarla nelle foto e nei video, e parlarle e mandarle dei baci, così, verso il cielo."
Michela ha iniziato a ripetere con me la storia della farfalla, anche lei come a trovare conferma di aver compreso bene, e a lanciare baci in aria con la sua manina. Ha voluto mettere sul suo comodino una piccola cornice con la foto della nonna, che mi ha detto di piacerle molto, e che quasi ogni sera bacia prima di addormentarsi. 
Matilde, durante la spiegazione della farfalla, era attenta e annuiva, per darmi un riscontro di comprensione. Però non ha commentato l'accaduto. Probabilmente ha bisogno, come in tutte le cose, dei suoi tempi di reazione, di assimilazione e di elaborazione. Com'è giusto che sia. 

Ormai è quasi passato un mese e non mi sembra ancora vero. 
Ho cercato risposte, ho cercato conforto, ne ho ricevuto, ma non c'è una quantità sufficiente a riempire pienamente il bisogno. Ho trovato anche un video, mai visto prima, di una psicologa, che racconta del lutto, e che mi è sembrato comunque molto vicino al mio modo di sentire. 
La sento ancora così presente, sento la sua voce mentre mi parla nelle nostre chiacchierate, a volte mi vado a rivedere i suoi video, trovo le tracce delle sue conversazioni online, cose che non sapevo di lei, agende del '73 con i suoi appunti, racconti che non sapevo avesse scritto, e mi piace questo scoprire quello che è un suo mondo passato: è un modo di continuare a sentirla con me, di continuare a conoscerla.
Per questo, voglio che il suo ricordo viva in una forma speciale per noi famigliari e amici, e soprattutto per le bambine, che potranno conoscere la loro nonna ormai soltanto attraverso il suo ricordo: quello che noi, che io, farò di lei. Forse nascerà un libro, forse nascerà una storia, per ricostruire com'è stata la sua avventura nella vita, com'era il suo carattere, cosa ha imparato, e cosa ci ha insegnato. 


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